domenica 1 novembre 2015

Un retroscena della proclamazione della cancerogenicità della carne

UN RETROSCENA DELLA PROCLAMAZIONE
DELLA CANCEROGENICITA' DELLA CARNE

Ormai da giorni viene ossessivamente ripetuta la notizia che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato la pericolosità del consumo di carne rossa per la salute umana. Poco spazio (o addirittura nullo!) riservato al discorso etico del non cibarsi di altri esseri viventi senzienti, che da solo dovrebbe già valere per evitare ogni cadavere nel piatto! Ma rimaniamo sul tema salute.
Come mai i risultati di questa ricerca vengono propagandati sui mezzi di comunicazione di massa, come mai sono stati così pubblicizzati quando da decenni esistono ricerche e studi che affermano la stessa identica cosa? Oltretutto, quello che non sempre viene detto è che la dichiarazione dell’agenzia dell’OMS denominata IARC (International Agency for Research on Cancer) si basa esclusivamente sulla letteratura già presente in materia, ossia proprio sulla base di quegli studi già condotti nell’arco di decenni. Quindi nulla di nuovo.
Tra le centinaia di studi presi in considerazione sono compresi anche numerose ricerche basate sul metodo inattendibile e non predittivo della vivisezione, non solo su studi epidemiologici umani!
Nel preambolo alle Monografie IARC, si considerano validi gli studi su cancri indotti e sviluppati negli animali: si afferma, infatti, che tutte le sostanze cancerogene per l’uomo sono state adeguatamente studiate con test su animali, che in molti casi la cancerogenicità negli animali è stata stabilita o altamente sospettata prima che studi epidemiologici confermassero la stessa anche per gli umani. Tuttavia “non si può dare per certa questa associazione, che tutte le sostanze che causano cancro negli animali da laboratorio causino anche cancro negli umani, è biologicamente plausibile (sic!) che le sostanze per le quali ci sono sufficienti prove di cancerogenicità negli animali da laboratorio presentino anche un rischio cancerogeno per gli umani”. Secondo noi, da quanto appena riportato sarebbe già abbastanza evidente l’assurdità di provare a vedere se una sostanza uccide gli animali prima di vedere se per caso capita lo stesso anche agli umani, ma segue una parte ancora più interessante: “esempi di informazioni scientifiche addizioni sono i dati che dimostrano che un determinato agente causa il cancro in animali attraverso un meccanismo specie-specifico che non opera negli umani [...]”. Ci chiediamo che senso possa avere impiegare tempo e denaro e sfruttare e uccidere vite animali per dimostrare che gli animali muoiono - ma gli umani no – a causa di sostanze che di per sé gli animali non assumerebbero mai volontariamente (come ad esempio la carne rossa). La stessa decisione dell’appartenenza di una sostanza ad un livello o ad un altro di cancerogenicità è basata anche sui risultati ottenuti sugli animali quando non sono sufficienti i dati ricavati dall’uomo; questo nonostante, per stessa ammissione degli scienziati, tra la risposta animale e quella umana possa non esserci esatta corrispondenza, oltre che una componente di casualità nell’eventuale coincidenza delle due. Di conseguenza, sostanze cancerogene per l’uomo potrebbero sfuggire al controllo e al divieto di utilizzo perché non producono gli stessi danni negli animali. Questi sono i rischi del ricorso alla vivisezione, del dispendio di soldi, ricercatori e tempo nel ricercare sull’animale e non sull’uomo.
Nel caso della carne rossa, si sono ritenuti validi i cosiddetti modelli animali per valutare la ripercussione sulla salute umana della dieta umana. Animali che non mangiano carne rossa, condizioni di alimentazione e di vita per forza di cose differenti da quelle umane, come diverse sono la fisiologia, la chimica e l’anatomia di una qualsiasi animale dall’uomo (e queste hanno un’indubbia ripercussione sui processi di alimentazione, digestione, assimilazione dei cibi e sull’eliminazione delle scorie): tutto questo è stato ritenuto (ancora una volta!) valido.  
Nelle conclusioni della conferenza IARC pubblicate dalla rivista scientifica The Lancet, si afferma che le prove della cancerogenicità del consumo di carne rossa e di carni lavorate sono “inadeguate” nei test su animali, citando come esempi studi su ratti condotti negli ultimi dieci anni.
Che si tratti di studi vecchi viene sottolineato da chi tenta di sminuire l’allarmismo che ha prodotto questa notizia. Quindi non solo si è partiti anche da basi tutt’altro che scientificamente inattaccabili, ma a nostro parere la levata di scudi di produttori, commercianti e consumatori sarà un’enorme business per i vivisettori. Cosa c’è di più “utile” di un metodo che a seconda della scelta oculata di variabili come tipologia, sesso, età, razza di animali nonché di condizioni di stabulazione può portare a dimostrare una tesi o il suo esatto contrario?
Quindi moriranno gli animali vittime dell’industria della carne, moriranno gli animali vittima del crudele business della vivisezione, moriranno persone di cancro... ma non sarebbe preferibile e più semplice smettere di sfruttare gli altri esseri viventi? Per vivere tutti quanti.

Associazione UNA Cremona (Uomo-Natura-Animali) – 1-11-2015 – www.unacremona.it, comunicazione@unacremona.it


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