UN
RETROSCENA DELLA PROCLAMAZIONE
DELLA CANCEROGENICITA' DELLA CARNE
DELLA CANCEROGENICITA' DELLA CARNE
Ormai da giorni viene ossessivamente ripetuta la notizia che l’OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato la pericolosità del
consumo di carne rossa per la salute umana. Poco spazio (o addirittura nullo!)
riservato al discorso etico del non cibarsi di altri esseri viventi senzienti,
che da solo dovrebbe già valere per evitare ogni cadavere nel piatto! Ma rimaniamo
sul tema salute.
Come mai i risultati di questa ricerca vengono propagandati sui mezzi di
comunicazione di massa, come mai sono stati così pubblicizzati quando da
decenni esistono ricerche e studi che affermano la stessa identica cosa? Oltretutto,
quello che non sempre viene detto è che la dichiarazione dell’agenzia dell’OMS
denominata IARC (International Agency for Research on Cancer) si basa esclusivamente
sulla letteratura già presente in materia, ossia proprio sulla base di quegli
studi già condotti nell’arco di decenni. Quindi nulla di nuovo.
Tra le centinaia di studi presi in considerazione sono compresi anche
numerose ricerche basate sul metodo inattendibile e non predittivo della
vivisezione, non solo su studi epidemiologici umani!
Nel preambolo
alle Monografie IARC, si considerano validi gli studi su cancri indotti e sviluppati
negli animali: si afferma, infatti, che tutte le sostanze cancerogene per l’uomo
sono state adeguatamente studiate con test su animali, che in molti casi la
cancerogenicità negli animali è stata stabilita o altamente sospettata prima
che studi epidemiologici confermassero la stessa anche per gli umani. Tuttavia “non
si può dare per certa questa associazione, che tutte le sostanze che causano
cancro negli animali da laboratorio causino anche cancro negli umani, è
biologicamente plausibile (sic!) che le
sostanze per le quali ci sono sufficienti prove di cancerogenicità negli
animali da laboratorio presentino anche un rischio cancerogeno per gli umani”. Secondo
noi, da quanto appena riportato sarebbe già abbastanza evidente l’assurdità di
provare a vedere se una sostanza uccide gli animali prima di vedere se per caso
capita lo stesso anche agli umani, ma segue una parte ancora più interessante: “esempi
di informazioni scientifiche addizioni sono i dati che dimostrano che un
determinato agente causa il cancro in animali attraverso un meccanismo
specie-specifico che non opera negli umani [...]”. Ci chiediamo che senso possa
avere impiegare tempo e denaro e sfruttare e uccidere vite animali per
dimostrare che gli animali muoiono - ma gli umani no – a causa di sostanze che
di per sé gli animali non assumerebbero mai volontariamente (come ad esempio la
carne rossa). La stessa decisione dell’appartenenza di una sostanza ad un
livello o ad un altro di cancerogenicità è basata anche sui risultati ottenuti
sugli animali quando non sono sufficienti i dati ricavati dall’uomo; questo
nonostante, per stessa ammissione degli scienziati, tra la risposta animale e
quella umana possa non esserci esatta corrispondenza, oltre che una componente
di casualità nell’eventuale coincidenza delle due. Di conseguenza, sostanze
cancerogene per l’uomo potrebbero sfuggire al controllo e al divieto di
utilizzo perché non producono gli stessi danni negli animali. Questi sono i
rischi del ricorso alla vivisezione, del dispendio di soldi, ricercatori e
tempo nel ricercare sull’animale e non sull’uomo.
Nel caso della carne rossa, si sono ritenuti validi i cosiddetti modelli
animali per valutare la ripercussione sulla salute umana della dieta umana. Animali
che non mangiano carne rossa, condizioni di alimentazione e di vita per forza
di cose differenti da quelle umane, come diverse sono la fisiologia, la chimica
e l’anatomia di una qualsiasi animale dall’uomo (e queste hanno un’indubbia
ripercussione sui processi di alimentazione, digestione, assimilazione dei cibi
e sull’eliminazione delle scorie): tutto questo è stato ritenuto (ancora una
volta!) valido.
Nelle conclusioni della conferenza IARC
pubblicate dalla rivista scientifica The
Lancet, si afferma che le prove della cancerogenicità del consumo di carne
rossa e di carni lavorate sono “inadeguate” nei test su animali, citando come
esempi studi su ratti condotti negli ultimi dieci anni.
Che si tratti di studi vecchi viene
sottolineato da chi tenta di sminuire l’allarmismo che ha prodotto questa
notizia. Quindi non
solo si è partiti anche da basi tutt’altro che scientificamente inattaccabili,
ma a nostro parere la levata di scudi di produttori, commercianti e consumatori
sarà un’enorme business per i vivisettori. Cosa c’è di più “utile” di un metodo
che a seconda della scelta oculata di variabili come tipologia, sesso, età,
razza di animali nonché di condizioni di stabulazione può portare a dimostrare
una tesi o il suo esatto contrario?
Quindi moriranno gli animali vittime dell’industria della carne,
moriranno gli animali vittima del crudele business della vivisezione, moriranno
persone di cancro... ma non sarebbe preferibile e più semplice smettere di sfruttare
gli altri esseri viventi? Per vivere tutti quanti.
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